giovedì 23 aprile 2020

Evocare i morti...

Ho aperto questo blog con l'intenzione di dedicarmi alla negromanzia o, se preferite, allo spiritismo. No, non vi preoccupate: non voglio dilettarmi di apparizioni spettrali dalla voce cavernosa, né circondarmi di fantasmi dai lenzuoli svolazzanti, né far muovere sedie e sbattere porte, che non siano state sfiorate da anima viva (mai aggettivo fu più azzeccato di questo...). Voglio tornare a dar voce a una lingua morta, così come viene definito il latino da chi non lo conosce o da chi presume di conoscerlo per averne sentito parlare o, magari, l'ha anche studiato sul serio (si fa per dire), quando ai bei tempi della sua scuola alternava il 4-3-3 al 4-2-4 o, magari al 3-5-2, che non sono gli schemi di gioco della strategia calcistica, come potrebbe pensare qualcuno, ma i voti che segnavano il suo percorso scolastico nel faticoso e mai completato avvicinamento alla comprensione del latino.
Dare voce al latino. Come e perché? mi chiederete.
Cominciamo dal perché. Il latino, come tutte le lingue, è un mezzo, non un fine. E' il veicolo attraverso cui è giunto fino a noi un tesoro... vi sembra una parola eccessiva? va bene, cambio: un bagaglio di idee e sentimenti, che sono stati vivi e frementi per tanti secoli, che hanno animato la vita di tante persone - come noi - che ce li hanno lasciati in eredità. Non tutto è oro fino, siamo d'accordo: c'è pure molto piombo, stagno e ottone, e non c'è alcun valido motivo per spacciare per meraviglioso e miracoloso quello che è in molti casi appena appena decente; ma vale anche il contrario: se rifiuto la chincaglieria e la bigiotteria, non ricavo alcun vantaggio dal rifiutare anche l'oro e l'argento, altrimenti corro il rischio (ma è una certezza!) di buttare via l'acqua sporca della vaschetta con tutto il bimbo dentro.
D'altronde, i testi latini, che sono giunti fino a noi, hanno già subìto una prima scrematura, perché nel corso dei secoli sono stati letti e riletti, e quindi copiati e ricopiati, solo quelli che veramente meritavano, quelli che, secondo tante generazioni di studiosi, erano veramente in grado di arricchire la mente e di confortare il cuore: e se in mezzo a tanti tesori (sì, adesso lo dico!) c'è arrivato pure un po' di ciarpame, la cosa non mi disturba né tanto né poco, perché mi basta metterlo da parte e concentrarmi su ciò che vale. E vale davvero molto, dato che io sto parlando delle fondamenta della civiltà occidentale, delle nostre radici, un insieme composito di tradizioni, religioni, teorie filosofiche, vicende storico/politiche, testi di altissima poesia: epica, lirica, drammatica, trattati storiografici, un impasto di riflessioni sulla vita e sulla morte, sull'amore e sull'odio, sul giusto e sull'ingiusto, in due parole: sul bene e sul male, che non finiranno mai di stupirci, di farci sorridere, di commuoverci, di esaltarci, di prospettarci una vita più umana e un futuro migliore.
Riguardo al "come", non ho alcuna intenzione di proporre l'obbligatorietà dello studio del latino nelle scuole a partire dalle elementari fino all'esame di maturità: lo studio del latino, come d'altra parte quello del greco, dovrebbe essere il frutto di una scelta volontaria, che, ovviamente, presuppone una conoscenza, pur se molto approssimativa, del proprio oggetto. Sarebbe già molto se negli ultimi due anni delle scuole elementari e ancor di più nella scuola media inferiore si proponesse (seriamente) la conoscenza della cultura latina, si facessero leggere in traduzione italiana le più belle pagine, e ce ne sono tante, dei migliori autori della latinità. Chi ne fosse attratto, chi ne subisse il fascino potrebbe decidere consapevolmente di iscriversi al liceo classico, per iniziare lo studio approfondito di quel mondo antico, studio che ha come punto di partenza l'acquisizione grammaticale e sintattica della lingua latina, che allora veniva parlata e scritta. Oggi fa ridere - e giustamente - chi pretenda di parlare in latino: non serve a niente usare una lingua artificiale ed essere costretti a lunghe perifrasi, per indicare oggetti e concetti inesistenti nell'antichità e, quindi, privi di parole in grado di esprimerli. Il latino deve essere studiato per leggere i testi scritti dai nostri padri antichi, per poter attraverso di esso penetrare nel loro mondo concettuale e sentimentale.
E dunque? Che cosa mi ripropongo di fare? Voglio dimostrare che, malgrado tutto, il latino viene ancora usato in tante citazioni, il più delle volte fatte a sproposito, ma anche in tanti vocaboli della tecnologia: insomma, voglio renderlo simpatico e "a portata di mano", prendendomi gioco di tutti gli stolidi e ridicoli tentativi di ridimensionarlo o, addirittura, di demonizzarlo. Non seguirò uno schema preciso, ma il puro divertimento: spero che si divertano anche i lettori.
A condizione che ce ne sia qualcuno...
                                                                            Il vostro Ollecram   

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