lunedì 27 aprile 2020

Mens sana in corpore sano


Questo modo di dire ci è molto familiare, perché viene ripetuto tante volte ogni giorno, non solo, ma è anche scritto in manifesti e cartelloni esposti all'interno di tante palestre, quasi sempre, però, con l'intendimento di esprimere un concetto che non ha nulla a che vedere con il significato originario, quello - per intenderci - che gli ha attribuito il poeta latino Decimo Giunio Giovenale nel verso 356 della sua decima satira. Già, perché questa è una frase d'autore e tutti quelli che la citano, anche se il più delle volte a sproposito, coscientemente o no testimoniano l'incontestabile longevità del latino e la sua non ancora cancellata attualità. Soffermiamoci, adesso, ad esaminare il messaggio frutto di fraintendimento e poi il significato autentico. Quasi tutti coloro che citano queste parole vogliono affermare che se il corpo è sano, di conseguenza è sana anche la mente. Quindi, la conclusione sarebbe: fate attività fisica, perché oltre al corpo ne beneficerà anche la mente. No! Le cose non stanno così. Per comprendere il vero significato di questa espressione, è necessario contestualizzarla, perché estrapolata dalla satira, di cui fa parte, si presta a dire tutto e il contrario di tutto. Nella sua decima satira Giovenale vuole mettere in evidenza la vanità, l'inconsistenza e, in molti casi, l'assoluta perniciosità, dei desideri umani. Ma che cosa desiderano gli uomini? Che cosa chiedono agli dei nelle loro preghiere? Le ricchezze, il potere, la fama, la gloria militare, una lunga vita, la bellezza. Ciascuno di questi, che appaiono comunemente come i beni più augurabili della vita, hanno, però, i loro inconvenienti, perché o attirano l'invidia e la malvagità degli altri, con l'ovvio risultato di conseguenze nefaste, o, nel migliore dei casi, non mettono l'uomo al riparo dall'azione logorante e demolitrice del tempo o dagli imprevisti più spiacevoli, come può capitare in una lunga vita che è destinata a degenerare nella vecchiaia. E dunque? Che cosa chiedere agli dei? Lasciamo che a rispondere sia Giovenale in persona (Satira X, vv. 346 - 366): 


"Dunque gli uomini non potranno desiderare nulla? Se vuoi un consiglio, lascerai agli dei la facoltà di decidere da soli che cosa vada bene a noi e sia utile alle nostre necessità; infatti, al posto delle cose piacevoli gli dei ci daranno tutte le cose più appropriate. L'uomo è più caro a loro che a sé stesso. Noi, spinti dall'impulso dei sentimenti e da una cieca e grande passione, desideriamo il matrimonio e il parto di nostra moglie, ma solo a loro è noto come saranno i nostri figli e quale è destinata ad essere la nostra sposa. Tuttavia, affinché tu possa chiedere qualche cosa e offrire in voto sugli altari le viscere e le divine salsicce di un bianco porcellino, bisogna pregare di avere una mente sana in un corpo sano. Chiedi un animo forte, che non abbia paura della morte, che consideri la lunghezza della vita come l'ultimo tra i doni della natura, che sia in grado di sopportare qualunque tribolazione, non sappia adirarsi, non brami nulla e consideri preferibili gli affanni di Ercole e le sue terribili fatiche alla lussuria, alle cene e alle mollezze di Sardanapalo. Ti suggerisco quello che ti puoi dare da solo; l'unico sentiero di una vita tranquilla si apre certamente attraverso la via della virtù. O Fortuna, non hai nessun potere divino, se c'è la saggezza: siamo noi, siamo noi, che ti facciamo dea e ti collochiamo in cielo".


Pertanto, dalla lettura di questo brano risulta chiaramente che la mente sana e il corpo sano sono due realtà ben distinte, che l'uomo deve chiedere agli dei nelle sue preghiere e non che l'una sia la conseguenza dell'altro. Abbiamo imparato qualche cosa di nuovo, ma - ed è la cosa più importante - abbiamo avuto l'occasione di leggere (o rileggere) uno dei passi più significativi del grande poeta satirico Giovenale.

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