martedì 4 maggio 2021

Favole vere e favole false

 Un tempo, quando ancora si conosceva la differenza tra bene e male, tra giusto e ingiusto, tra virtù e vizio, lo studio del latino nei tre anni della scuola media ne forniva ai ragazzetti e alle ragazzette delle esemplificazioni simpatiche e formative nella lettura delle favole di Fedro. Le prime traduzioni dal latino, i primi sforzi interpretativi li abbiamo svolti lì, su quei brevi e semplici (ma non sempre!) testi poetici, animati da un sorriso amaro. E' lì che abbiamo cominciato a individuare i buoni e i cattivi, i furbi e gli ingenui, le vittime e i carnefici. Adesso quelle favolette sono considerate sullo stesso piano di reperti archeologici, testimonianze sorpassate di un mondo di valori ormai sparito, perché messo in crisi dal relativismo pseudoscientifico, dal premeditato, e architettato ad arte, crollo degli ideali e delle certezze, su cui si è basato il mondo per migliaia di anni. A poco a poco si vogliono annullare le differenze, fare un solo grande minestrone religioso, un altro politico, uno economico, uno di genere con i due sessi intercambiabili all'occasione, uno multietnico indirizzato alla meta finale del meticciato sullo sfondo di un pensiero (si fa per dire) unico, che sia ispiratore di un linguaggio politicamente corretto. Il risultato dovrebbe essere (mi affido a questo condizionale, per esorcizzare la realtà minacciosa del futuro dovrà) l'uomo nuovo di un nuovo mondo (brrr!) ordinato in modo diverso, un uomo avulso dalle sue radici morali, spirituali e culturali, sradicato dai suoi valori e dalle sue credenze, e proprio per questo più duttile e malleabile, perché privo di un saldo nucleo sostanziale interiore e, quindi, più manovrabile da chi vuole e può usarlo come mezzo e non come fine.
Coltivare il latino può significare aggrapparsi a un'ancora di salvezza, restare fedeli alle proprie autentiche radici di italiani e di europei, mantenere vivo il pensiero critico, chiamare le cose con il loro nome, valorizzare la tradizione ossia quella successione di fatti e di pensieri, che ci ha costruiti a poco a poco nel modo preciso in cui ci troviamo ad essere.
Ogni tanto mettiamo da parte le favole, che ci propina in continuazione il mainstream, specie di questi tempi, e consoliamoci con altre favolette, più sane, più sagge e molto, molto più gradevoli. A te la parola, mio caro, vecchio Fedro!

Mentre un galletto cercava qualche cosa da mangiare in un letamaio, trovò una perla. 
"Quanto sei bella - disse -, ma ti trovi in un luogo indegno! Se ti avesse vista qualcuno desideroso del tuo valore, saresti ritornata una buona volta al tuo antico splendore. Ma il fatto che ti abbia trovata io, che preferisco di gran lunga un po' di cibo, non può giovare né a te né a me."
Questo racconto è rivolto a quelli che non mi capiscono.
(Fedro, Fabulae, III, 12) 

La morale di questa favola è assai evidente: non tutti sono in grado di apprezzare qualche cosa di pregevole. Non so a voi, cari lettori, ma a me questi versi fanno pensare ad altre parole, molto più importanti, pronunciate da un illustre personaggio scomodo, ritenuto troppo ingombrante dal mainstream, sia laico che ecclesiastico. Alludo a Gesù Cristo, a ciò che dice nel Vangelo di S. Matteo (VII, 6): Non date le cose sante ai cani e non gettate le vostre perle ai porci, affinché per caso non le calpestino con le zampe e, venutivi incontro, vi azzannino.
Non è un caso che la cultura latina pagana e quella cristiana convergano a volte sugli stessi temi, anche se con accenti diversi: è proprio grazie alla loro azione combinata, se negli ultimi millenni l'umanità si è evoluta moralmente e spiritualmente, tanto è vero che entrambe vengono rifiutate e demonizzate dalle bieche e abiette forze tenebrose, che tramano nell'ombra per riportare l'uomo a uno stato animalesco, o forse ancora più in basso.      

     
  

Post in evidenza

Festìna lente

Questo motto latino, tuttora molto usato, significa: affréttati lentamente, e pare che fosse pronunciato spesso dall'imperatore Augusto,...