martedì 26 maggio 2020

Marziale alla ricerca della donna ideale

Il poeta Marziale, originario dell'ispanica Bilbilis (40 - 104), non trovò mai il grande amore della sua vita:

Flacco, mi chiedi quale ragazza vorrei e quale non vorrei? Non la voglio troppo facile né troppo difficile. Mi piace una via di mezzo tra l'una e l'altra: non voglio una che mi tormenti con i suoi rifiuti né una che mi sazi fino alla nausea (Epigrammi, I, 57).

Più o meno è lo stesso concetto ribadito in X, 47, dove, dichiarando il suo ideale di vita all'amico omonimo Giulio Marziale, tra l'altro si augura di poter avere con sé una

compagna di letto allegra e tuttavia pudica.

Però, sembra che una ragazza del genere sia difficile da trovare, perché, a sentire le malelingue, nessuna dice di no... Eppure il poeta ha attraversato tutta la città in lungo e in largo, per verificare questa diceria ed è arrivato a una conclusione sconcertante, un vero fulmen in clausula a riguardo della presunta moralità o immoralità delle giovani romane. È illuminante, a tale proposito, l'epigramma 71 del IV libro:

O Safronio Rufo, è da parecchio tempo che vado chiedendo per tutta la città se qualche ragazza dica di no: nessuna ragazza dice di no. Come se non fosse lecito, come se fosse una vergogna, come se non fosse permesso dire di no, nessuna ragazza dice di no. Dunque, non ce n'è una che sia casta? No, sono mille ad essere caste. E allora, che cosa fa una ragazza casta? Non la dà, tuttavia non dice di no.

Ma se incontrasse una donna ricca, giovane e bella? Sembrerebbe la soluzione ottimale: come potrebbe rifiutarsi di amarla? Sì, un tipo proprio come Fabulla (I, 64). Però lei è troppo vanitosa e non finisce mai di pavoneggiarsi, vantando i propri meriti veri o presunti. No: pensandoci bene, da una come lei è meglio stare alla larga.

Sei bella (lo sappiamo), e giovane (è vero), e ricca (infatti chi lo può negare?). Ma quando ti lodi troppo, o Fabulla, non sei né ricca né bella né giovane.

Finora ho presentato dei tipi di donna che, per quanto siano oggetto di desiderio per le loro qualità materiali (ricchezza, bellezza, gioventù) non soddisfano le esigenze di Marziale sulla base di motivazioni legate ai loro caratteri. Però ci sono anche moltissimi epigrammi in cui le donne sono denigrate o, addirittura derise, per la loro venalità, per difetti fisici o per un abnorme appetito sessuale. Ne dobbiamo dedurre – come tanti hanno fatto – che il nostro poeta sia un inguaribile maschilista e misogino? Non ne sono affatto convinto, perché ritengo che l'analisi approfondita dell'epigramma 12 dell'VIII libro, a cui pochi hanno prestato attenzione – e solo per fraintenderlo –, ribalti completamente i termini della questione. Ne propongo la mia traduzione e poi lo commenterò.

Mi chiedete perché io non voglia sposare una donna ricca? Non voglio essere la moglie di mia moglie. O Prisco, la matrona sia inferiore a suo marito: solo in questo modo si raggiunge la parità tra la donna e l'uomo.

L'interpretazione più banale – e corrente – dei quattro versi succitati è che essi esprimano il più classico dei maschilismi. Ovviamente è vero il contrario, ma esaminiamone il perché, pur se, così facendo, mi sembra di mancare di rispetto all'intelligenza di molti lettori. Ci sono due elementi fissi, il marito e la moglie, con un altro elemento variabile, la ricchezza, che può essere aggiunta all'uno o all'altra. Se la moglie + la ricchezza è superiore al marito, mentre il marito ha bisogno della ricchezza per esserle pari, ci vuole molto per capire che la donna parte avvantaggiata rispetto all'uomo, quando nessuno dei due possieda la ricchezza e che c'è bisogno proprio di questa per compensare l'originaria inferiorità dell'uomo? Queste semplici ma logiche considerazioni dimostrano al di là di ogni ragionevole dubbio che Marziale non è un maschilista, tanto da ritenere la donna superiore all'uomo, a meno che quello non compensi la sua innata inferiorità con una maggiore ricchezza. Tuttavia – qualcuno potrebbe obiettare – egli odia le donne e sarebbe, quindi, misogino proprio perché disturbato dalla loro naturale superiorità. Sono in grado di confutare anche l'accusa di misoginia.
Nell'epigramma 189 del XIV libro Marziale sostiene che Cinzia, la donna amata e cantata da Properzio nelle sue elegie, divenne famosa grazie a lui, ma che egli lo diventò grazie a lei in una misura non minore. Ovvero: i versi eleganti e appassionati di Properzio, che immortalarono Cinzia, gli furono ispirati da lei, e, quindi, ella ha il merito di averglieli fatti scrivere. In altre parole un poeta, per diventare celebre, ha bisogno di una donna da amare e da cui essere riamato, che possa svolgere il ruolo di musa ispiratrice. Questo è proprio quello che rese famosi i grandi poeti d'amore Properzio, Gallo, Tibullo, Catullo e che, invece, manca a Marziale, come egli amaramente riconosce nell'epigramma 73 del libro VIII (vv. 3 – 8), rivolgendosi all'amico Istanzio:

Se vuoi dare forza e ardore alla mia poesia, e mi chiedi versi destinati a sopravvivere, dammi un amore. Cinzia ti rese poeta, o sensuale Properzio; il talento di Gallo era la bella Licoride; la fama del melodioso Tibullo derivò dall'avvenente Nemesi; fu Lesbia a dettarti i versi, o dotto Catullo.

In conclusione ritengo che non possa odiare le donne uno che avverte come una menomazione, quasi una disgrazia, la mancanza nella sua vita di una donna innamorata, che lo illumini e lo guidi alla pari di una musa ispiratrice.
Per sua sfortuna Marziale non incontrò mai un personaggio femminile, da cui ricevere e verso cui rivolgere sincero amore. Ma fu solo sfortuna, o colpa del suo carattere, incapace di abbandonarsi anima e corpo alla passione, per il timore di subire una cocente delusione? L'epigramma 34 del XII libro, l'ultimo da lui scritto, nei versi 8 – 11 contiene, anche se indirettamente, la soluzione di questo dilemma:

Se vuoi evitare certi dispiaceri e cautelarti contro gli angosciosi tormenti dell'animo, non farti troppo amico di qualcuno: godrai di meno, ma soffrirai di meno.

Questa rinunciataria e sconsolante tattica difensiva lo salvò dalla sofferenza, ma lo condannò alla solitudine.
Una breve considerazione finale: gli ultimi versi citati, dal sapore amarognolo, sono stati composti dopo il suo definitivo ritorno nella nativa Spagna, dove incontrò la ricca vedova Marcella, sua appassionata lettrice, che (in segno di onore o in segno di... amore?) gli regalò una villetta in campagna con annesso un piccolo podere. Ma, forse, ormai egli si sentiva troppo vecchio e non era più in grado di "farsi troppo amico di qualcuno (o qualcuna)".
 

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