sabato 23 gennaio 2021

Onore al merito!

 Una famosa raccolta di poesie di Cesare Pavese s'intitola Lavorare stanca: ne prendo lo spunto per aggiungere che anche studiare stanca, sebbene molti, abituati alla sola fatica fisica, non riescano a concepire la fatica mentale, ritenendo che la stessa posizione seduta di uno studioso escluda che egli si possa stancare seriamente. Si tratta del classico pregiudizio di chi privilegia il lavoro manuale rispetto a quello intellettuale, valutando il primo più rispettabile e degno di stima del secondo. E' lo stesso motivo per cui gli studenti lavativi e fannulloni deridono gli studenti diligenti, che si impegnano a studiare, definendoli sgobboni e secchioni. Negli anni '68 e immediatamente successivi non venivano forse demonizzati il nozionismo e la meritocrazia (ossia lo studio), esigendo il 6 politico a scuola e il 18 politico all'università, come se fosse un sacrosanto diritto non voler studiare, ma essere comunque promossi?
Anche in questo campo i latini possono chiarirci le idee. Il poeta Orazio nell'Epistola ai Pisoni, chiamata anche Arte Poetica, spiegando che la poesia risulta dall'unione bilanciata dell'ingenium (= l'ispirazione e le doti innate) con l'ars (= la tecnica, che si può apprendere con lo studio), nei versi 412 - 413 mette sullo stesso piano i lunghi anni di allenamento di un atleta e il faticoso studio della tecnica poetica, per dimostrare che non ci si può improvvisare né atleti né poeti:

Qui studet optatam cursu contingere metam,
multa tulit fecitque puer, sudavit et alsit,
(chi desidera raggiungere l'ambita meta nella corsa,
da ragazzo fece e sopportò molte cose, sudò e patì il freddo).



     

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