martedì 3 novembre 2020

Dirò brevemente la mia...

Nell'attesa che qualche ritardatario voglia aggiungere le sue risposte (questo sondaggio non ha un orario o una data di scadenza), vorrei aggiungere sinteticamente alcune mie osservazioni.
Dopo tanti anni di frequentazione di testi poetici prima come studente, poi come insegnante, infine come appassionato studioso sono giunto alla conclusione - opinabile alla pari di tutti i pensieri umani - che il valore autentico di una vera poesia risulti dalla compresenza di tre elementi: logica, sentimento e fantasia rintracciabili in dosi variabili caso per caso. Questo significa che una poesia con la P maiuscola deve essere in grado di convincermi, soddisfacendo più o meno la mia facoltà raziocinante; di suggestionarmi, suscitando in me emozioni e/o commozione; di illudermi, trasportandomi in una dimensione fantastica sradicata dalla realtà. Ribadisco che ciascuna di queste caratteristiche non può non essere presente, pur se in maggiore o minore misura. Ecco perché ritengo che gli aggettivi da me scelti - convincente, suggestivo, illusorio - si adattino a tutte e tre le Odi di Orazio, quale più, quale meno.  Passiamole in rassegna.
A) Penso che l'eccezionale poesia del "carpe diem" possieda una minima carica suggestiva, rivolta com'è a fronteggiare l'ansia del futuro, nel tentativo di neutralizzarlo, concentrando la vita umana nel presente. Quindi la giudico molto convincente, ma... che cosa significa ridurre la propria vita al semplice presente? Francamente non lo so, dato che il presente è indefinibile e inafferrabile: appena tentiamo di fissarlo, è già passato. Il testo latino è irraggiungibile da qualunque tentativo di traduzione: dum loquimur, fugerit invida / aetas (= mentre parliamo, il tempo invidioso sarà fuggito), in cui il futuro anteriore fugerit (= sarà fuggito) è di gran lunga più espressivo di un banale presente, perché non indica contemporaneità tra l'azione di parlare e la fuga del tempo, ma è come se questa precedesse addirittura le nostre parole, mentre l'enjambement tra invida ed aetas prolunga dolorosamente la sensazione di un tempo, che ci è sfuggito di mano e che non potremo mai più vivere. Inoltre, nessuna vita può prescindere da una pur minima progettualità, che, in quanto tale, è rivolta verso quel futuro, che vorremmo esorcizzare o annullare. Quindi, questa poesia, che da un lato mi è apparsa convincente, da un altro mi si rivela anche illusoria.
B) La poesia della contrapposizione tra il tempo ciclico delle stagioni e quello rettilineo della singola vita umana presenta, a mio parere, un minimo aspetto di illusorietà, poiché mi appare come la constatazione di un dato di fatto riscontrabile nell'esistenza umana, perciò convincente. C'è da aggiungere, però, che le immagini del succedersi delle stagioni e quelle della morte creano un reciproco contrasto atto a favorire emozioni e commozione, quindi è a suo modo un testo anche suggestivo.
C) La poesia della gloria poetica, che rende immortali (non omnis moriar = non morirò del tutto), ha una potente carica suggestiva - sarebbe bello sopravvivere alla morte anche solo nel ricordo costante di chi ci ha apprezzato - ma a volte penso più realisticamente che questa sia soltanto una grande illusione e che il tempo tenda implacabilmente ad annebbiare e a far sbiadire a poco a poco ogni sentimento di affetto, di riconoscenza, di stima, trasformando il ricordo, di chi non sia stato una celebrità come Orazio, in una fredda immagine sfocata legata a un nudo nome. Perciò, ondeggiando questa Ode tra suggestione e illusione, la reputo poco convincente.

Post in evidenza

Festìna lente

Questo motto latino, tuttora molto usato, significa: affréttati lentamente, e pare che fosse pronunciato spesso dall'imperatore Augusto,...