giovedì 6 aprile 2023

Una lezioncina di Giovenale

Sono molti, ormai, a proclamare sconsolatamente che l'umanità contemporanea ha iniziato una corsa incosciente ma volontaria verso l'autodistruzione, in primo luogo morale. Questo è testimoniato da prove inoppugnabili: la messa in discussione di tutti i princìpi etici, che per millenni sono stati il caposaldo della civiltà; il voluto smantellamento della scuola, che, da fornitrice di educazione intellettuale e morale si è trasformata in una misera sfornatrice di (pseudo)competenze; la disgregazione della famiglia, con il ridimensionamento caricaturale del ruolo del matrimonio; la legittimazione di ogni voglia, che deve essere assolutamente soddisfatta come un sacrosanto diritto; lo spaventoso crollo di ogni rispetto per la vita, dalla nascita alla sua cessazione; l'abominevole lavaggio del cervello a cui sono sottoposti i ragazzi e i bambini, a cui si vogliono istillare dei dubbi sulla loro identità; per non parlare del ridicolo tentativo di snaturare il linguaggio, con il subdolo scopo di modificare il modo di pensare... Quelli appena esposti sono solo alcuni effetti della cancel culture attualmente in voga, che è molto più preciso definire necrocultura (= cultura della morte), il cui fine ultimo è la cancellazione dell'essere umano e la sua trasformazione in un transumano, un essere umano digitalizzato, che sarà molto più somigliante a un robot, a cui, dopo aver sottratto l'idea di Dio, sarà sottratta anche la coscienza.

Pensando a tutto questo cumulo di immondizie, mi è venuta in mente la frase proverbiale: Quos Deus perdere vult, prius dementat (= quelli che Dio vuol mandare in rovina, prima li fa impazzire). Anche su un simile argomento è utile consultare un classico come il satirico Decimo Giunio Giovenale.

Nella sua decima satira, che segna ufficialmente il passaggio dall'iniziale poetica dell'indignatio a un'altra basata sulla ricerca e la valorizzazione dell'interiorità, egli critica aspramente la vanità dei desideri umani, profondamente convinto che gli uomini non conoscano quali siano i veri beni da augurarsi e che quasi sempre finiscano per desiderare qualche cosa, che poi si ritorcerà contro di loro:


Evertere domos totas optantibus ipsis
di faciles

Gli dei con la massima facilità hanno mandato in rovina intere casate, se erano gli stessi interessati a chiederlo nelle loro preghiere

(X, 7 – 8)

Quindi è molto più conveniente lasciare agli dei la scelta di ciò che vorranno concederci:


Pro iucundis aptissima quaeque dabunt di.
Carior est illis homo quam sibi.

Invece delle cose piacevoli gli dei ci daranno quelle più adatte. L'uomo è più caro a loro che a se stesso.

(X, 349 – 350)


Ma se l'uomo ha messo da parte Dio e ha preso il suo posto?

Allora sì che sono guai... e ne stiamo vedendo le conseguenze. 

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