giovedì 11 giugno 2020

Uomini a quattro zampe

A differenza dei Greci, che erano più propensi all'esercizio del pensiero astratto e proprio per questo raggiunsero risultati d'eccellenza nel campo filosofico - basti pensare, tra i tanti, ai soli grandissimi Socrate, Platone e Aristotele -, i Latini avevano un carattere più concreto, interessato agli aspetti pratici dell'esistenza, tanto è vero che acquistarono la massima fama in qualità di soldati, avvocati, giureconsulti, ingegneri e architetti. Questo, però, non esclude che i più riflessivi si dedicassero anche all'approfondimento di temi spirituali, specialmente di argomento morale, che, a prescindere dagli scrittori più motivati nel campo filosofico, come Cicerone, Lucrezio e Seneca, non è affatto difficile rintracciare nei testi più diversi di numerosi autori latini. Oggi voglio parlare di un concetto che tre diversi scrittori presentano in forma analoga ma differente, pur rifacendosi alla suggestione della stessa immagine.
Due sono poeti satirici dell'età imperiale - Persio e Giovenale -, mentre il terzo è lo storico Sallustio, vissuto nel I secolo a. C. Non ci può meravigliare che scrittori del genere satirico e storico si siano interessati di problemi morali, visto che entrambi i generi letterari vertono sul comportamento umano, per criticarlo e correggerlo nel primo caso, per analizzarlo e spiegarlo nel secondo. E' un po' più sorprendente, invece, che parli da moralista un personaggio come Sallustio, che trascorse la prima parte della sua vita militando come politicante fazioso nel partito di Giulio Cesare e, senza badare ai mezzi, accumulò una grande ricchezza come governatore della Numidia. In seguito, però, ritiratosi a vita privata e dedicatosi agli studi storici, ebbe il coraggio e l'onestà di fare autocritica e di pentirsi pubblicamente della sua condotta precedente, che, obiettivamente, non fu più scandalosa di tanti altri personaggi politici dei suoi e dei nostri tempi. 
Sallustio, scrittore vivacissimo dallo stile inconfondibile pieno di chiaroscuri, nel primo capitolo della monografia, intitolata La congiura di Catilina, soffermandosi sulla corruzione degli uomini del suo tempo, li presenta 

"come animali, che la natura ha creato curvi in avanti e obbedienti al ventre".

Persio, a sua volta, nella II satira critica aspramente gli uomini che concepiscono la religione da un punto di vista utilitaristico, come un semplice scambio di favori tra l'uomo e la divinità. Al verso 61 prorompe in questo rimprovero:


"Anime curve al suolo e ignare di cose celesti!" 

L'immagine suggerita da questa apostrofe non lascia adito a dubbi: gli uomini sono equiparati alle bestie,  in quanto curvi al suolo e ignari di ogni realtà soprannaturale (la parola che usa Persio è ancora più efficace: inanes, cioè vuoti), ma teniamo presente che l'abbrutimento umano viene ancor più accentuato dall'uso della parola anime al posto di uomini.
Giovenale, infine, nella XV satira, esaltando il dono sublime delle lacrime, manifestazione di empatia da parte di chi si immedesima nei dolori degli altri, spiega che è proprio questo a distinguerci dalle bestie (vv. 142 - 147):

Questo ci divide dal gregge degli animali muti e perciò, avendo ricevuto in sorte noi soli il venerabile ingegno ed essendo capaci di concepire il divino e adatti ad esercitare e a produrre le arti, abbiamo ricevuto quella sensibilità inviataci dal regno celeste, della quale sono privi gli animali curvi al suolo e che fissano la terra.

Ritorna la stessa immagine usata da Sallustio e suggerita da Persio. Però la somiglianza riguarda solo la posizione curva al suolo (o in avanti), mentre cambia il soggetto rappresentato: nei primi due è costituito dagli uomini, degradati a un livello semibestiale; ma dagli animali in Giovenale, che, inoltre, attribuisce al genere umano la dote negata invece ad esso da Persio, cioè la facoltà di concepire la realtà divina.
Mi sembra superfluo sottolineare che il tanto vituperato Giovenale, accusato di essere un pretestuoso e preconcetto fustigatore dei costumi corrotti di uomini, donne, omosessuali, immigrati greci, egiziani e orientali, rivela una profonda e dolente humanitas, senz'altro superiore a quella dei suoi critici.


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