lunedì 6 dicembre 2021

Pubblica [D]istruzione

 Sono più di cinquanta anni che la scuola è sotto attacco nel senso che è soggetta a spinte e controspinte, che pretendono di condizionarla, snaturarla, deviarla dalla sua funzione primaria e, in fin dei conti, distruggerla. D'altronde ha subìto la stessa sorte degli altri pilastri della collettività civile: la religione, la famiglia, la certezza del diritto, per non parlare del concetto di patria, ormai caduto in disuso in una società che si vanta di essere multietnica, multirazziale, multiqua e multilà. Il famigerato sei politico nella scuola e il diciotto garantito all'università sono state le tappe di passaggio allo stadio attuale, in cui si è arrivati allo sfascio pressoché completo con il pretesto del covid: prima la didattica a distanza (brrr!), poi le promozioni a tutto spiano, poi gli esami di maturità farsa, senza prove scritte e con gli argomenti della prova orale forniti agli studenti in anticipo. E si seguita su questa strada - un vicolo cieco? - che è stata scelta e imposta coscientemente, per impedire ai giovani di acquistare una coscienza e un giudizio critico attraverso lo studio serio, costante e faticoso (altro che interrogazioni programmate!), che esercita la mente e arricchisce l'animo. Si blandiscono i ragazzi con vuote parole di circostanza [voi siete il futuro, la speranza dell'Italia e del mondo... e altre scemenze di questo tipo], ma si sottraggono loro cinicamente gli strumenti intellettuali e morali, con cui potersi impegnare nella società e produrre un reale cambiamento in meglio. Si incoraggiano le occupazioni, le autogestioni, si modificano in peggio i programmi delle singole materie, mentre si cerca di venire incontro alle richieste petulanti e ossessive di introdurre lectiones magistrales di educazione sessuale e di politica. Di recente ho letto che non so quante migliaia di studenti hanno rivolto una petizione al Ministero della Pubblica [D]istruzione, per abolire definitivamente le prove scritte all'esame di maturità. E gli errori di grammatica? E l'uso dei congiuntivi? Ormai i giovani non sanno più scrivere per colpa dei social, della scrittura abbreviata, delle faccine... e non sanno più ragionare da quando alla Scuola Media non si insegna più l'analisi logica. Non so che cosa risponderà l'attuale ministro della cultura nazionale, che si era già risentito, quando gli era stato fatto notare che l'ultimo esame di maturità, senza scritti, era un esame di serie B, e aveva risposto piccato che gli scritti c'erano ed anche impegnativi, ossia l'elaborato, il cui argomento era stato comunicato dalle scuole alla fine di aprile e doveva essere consegnato alla fine di maggio, per dover essere poi discusso in sede di esame orale. Un elaborato che qualunque studente poteva essersi fatto scrivere da chiunque, caro ministro...
Gli stessi giovani, però, che malgrado tutto hanno voglia di conoscere e di apprendere, si disamorano dallo studio, diventato un rituale stanco e ripetitivo, in quanto gli stessi professori in gran parte non credono più nell'importanza del loro ruolo e si adeguano in modo abulico e gattopardesco al mainstream, quando non lo facciano per un interesse ideologico o, più bassamente, personale.
La funzione primaria dell'insegnamento consiste nella scelta tra informazione o formazione. Non basta scegliere la seconda, per stare nel giusto, perché "formare" non significa irreggimentare i ragazzi su una certa idea esclusiva - questo equivale a svolgere un lavaggio del cervello, un vero e proprio plagio - ma aiutarli a formarsi una capacità critica, che permetterà loro di valutare le diverse alternative sottoposte e di sceglierne quella più convincente. Questo è il vero insegnamento perenne, che si trasforma in un profondo legame tra docente e discente, quale, per esempio, è testimoniato dalle calde parole di affettuosa riconoscenza, che Aulo Persio Flacco nella V satira rivolge al suo maestro di filosofia Lucio Anneo Cornuto:

Ora la Musa mi esorta
a rivelarti il mio cuore e mi è gradito mostrare,
o dolce amico Cornuto, quanto dell'anima mia
appartenga a te 

o da quelle ancora più toccanti che Dante Alighieri nel XV canto dell'Inferno indirizza al suo maestro di retorica Brunetto Latini, soggetto come gli altri sodomiti a una pioggia di fuoco:

ché 'n la mente m'è fitta, e or m'accora,
la cara e buona imagine paterna
di voi quando nel mondo ad ora ad ora
m'insegnavate come l'uom s'etterna:
e quant'io l'abbia in grado, mentr'io vivo,
convien che ne la mia lingua si scerna.

Anch'io nel mio piccolo ogni tanto ho la sensazione di aver seminato bene e me ne accorgo nell'occasione in cui trovo un riscontro, raro ma graditissimo quando si verifica, in qualche mio allievo. Per esempio, precisamente un anno fa sono riuscito a rintracciare una mia alunna di diversi anni prima, che avevo perso di vista, ma che mi era rimasta impressa per le sue capacità e per i suoi interessi spiccati. Le sue parole in risposta non possono che inorgoglirmi:

Come potrei scordarmi di lei? Mi appassionavano davvero le sue lezioni, e devo dire di averla sempre stimata molto anche a livello umano, entrambi motivi che me la fanno ricordare come uno dei miei professori preferiti degli anni di liceo... La ringrazio tanto per il suo pensiero, per avermi scritto e per essere stato un punto di riferimento per quella ragazzina sperduta che ora sta iniziando a ritrovarsi.

Ho cominciato questo post con un tono avvilito e sfiduciato, ma rileggendo queste parole mi convinco che, finché il rapporto tra docente e discente produrrà risultati di questo tipo, la scuola, anche se in casi sporadici, seguiterà a svolgere un ruolo insopprimibile a livello sociale e a livello individuale, portando a un potenziamento e ad un arricchimento psicologico e morale sia dell'insegnante che dell'allievo.  

   

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