mercoledì 12 agosto 2020

Traduttore = traditore

Chi tra i miei lettori ha fatto o sta facendo studi classici, nel senso che ha delle cognizioni di greco e di latino, o anche soltanto di latino - ai miei tempi il latino dei tre anni di scuola media dava una preparazione che a malapena può essere raggiunta oggi da alcuni (pochi...) studenti del III classico o del V scientifico -, conosce bene per esperienza quanto sia complessa e irta di difficoltà la traduzione dal greco e/o dal latino all'italiano. Le regole grammaticali molto particolareggiate e ricche di eccezioni, la variegata sintassi dei casi e quella ancor più complicata del periodo, a cui si aggiungono i personalissimi modi di esprimersi dei diversi scrittori, fanno in modo che i compiti scritti di latino e greco - le famigerate versioni in classe - costituiscano un incubo e facciano venire i sudori freddi specialmente agli studenti e alle studentesse del liceo classico, che sono costretti ad affrontare la traduzione dal latino o dal greco come seconda prova scritta dell'esame di maturità.
Tradurre... Ma che cosa vuol dire questa parola?
Si tratta di una parola derivata dal latino traducere, composta da trans (= oltre) e ducere (= condurre, portare), con il significato di condurre/portare oltre, ossia: trasportare, trasferire. E infatti una traduzione dal latino o dal greco consiste nel trasferire in italiano un testo scritto originariamente in una delle due lingue classiche.
Ammesso (e non concesso) che lo studente riesca a superare tutti i trabocchetti della grammatica e tutte le tagliole della sintassi, poi deve evitare di farsi inghiottire dalle sabbie mobili degli stili dei vari prosatori: c'è chi usa uno stile asciutto e lineare, che si affida all'essenzialità, talora assai ermetica; chi uno stile saltellante e arzigogolato, ricco di immagini e figure retoriche; chi una via di mezzo. Ebbene la vera difficoltà si verifica proprio nel momento in cui si deve "trasferire" il testo latino o greco in italiano.
I guai cominciano adesso, perché il malcapitato studente si trova davanti a un bivio: tradurre in modo letterale o tradurre a senso? Alcuni professori inculcano nei loro alunni la convinzione che sia obbligatorio tradurre alla lettera, perché solo così il discente può dimostrare al docente di aver capito tutti i nessi grammaticali e sintattici, mentre una traduzione a senso darebbe l'impressione di un traduzione "a orecchio", cioè approssimativa e superficiale e, quindi, solo casualmente giusta.
La mia lunga esperienza di traduttore (sette libri dedicati ad alcuni classici latini) e di insegnante mi permette di affermare con la massima sicurezza che ciascuno di quei due sistemi, preso in sé e per sé, è sbagliato, in quanto parziale. La traduzione a senso non può assolutamente prescindere da una preventiva fase di traduzione letterale, ma questa da sola non è sufficiente, perché non ha alcun senso cercare di esprimere ciascuna parola latina/greca con una corrispondente parola italiana, dato che c'è un abisso tra il modo in cui è strutturato un discorso italiano, e quello in cui è strutturato uno latino o greco. Questa differenza strutturale tra un periodo italiano e quelli delle lingue classiche fa sì che, volenti o nolenti, non possiamo fare a meno di allontanarci dalla rigida fedeltà letterale, perché - e il punto fondamentale è questo - il vero e unico scopo di una traduzione consiste nel trasferire da una lingua all'altra non le singole parole, ma i concetti che sono espressi per mezzo di esse.       
Vi presento un esempio molto semplice tratto da un autore illustre. Il grande storico latino Tacito nel trattatello in cui racconta ed elogia la vita del suocero Gneo Giulio Agricola, valoroso generale che combatté in Britannia durante l'impero di Domiziano, mette in bocca al ribelle caledone Càlgaco queste parole, rivolte ai suoi compagni prima della battaglia finale, vinta dai Romani (De vita Iulii Agricolae, cap. XXX):
"magnus mihi animus est hodiernum diem consensumque vestrum initium libertatis toti Britanniae fore".
Chi volesse tradurre letteralmente, dovrebbe esprimersi così:
"a me è il grande animo il giorno odierno e il vostro consenso stare per essere l'inizio della libertà per tutta la Britannia".
Però lo studio della sintassi del periodo ci fa capire che da hodiernum fino a fore c'è una proposizione oggettiva, che in latino si rende con il soggetto in accusativo e il verbo all'infinito, mentre in italiano la stessa diventa una dichiarativa all'indicativo, che deve essere introdotta dalla congiunzione "che", assente in latino. E quindi modifichiamo in:
"a me è il grande animo che il giorno odierno e il vostro consenso saranno l'inizio della libertà per tutta la Britannia". 
Ma in italiano l'espressione "a me è il grande animo" è davvero penosa, sia perché il dativo di possesso latino si traduce con il verbo avere: "ho il grande animo", sia perché dobbiamo trovare una parola più significativa di "animo" e più adatta alla situazione.
Potrei usare "convinzione" o, meglio, "speranza". Perciò la traduzione finale è: "Nutro la grande speranza che il giorno odierno e il vostro consenso saranno l'inizio della libertà per tutta la Britannia".
Per tradurre in modo decente, bisogna ragionare così, imparando a passare dalla forma mentis latina o greca alla forma mentis italiana. Un vero insegnante, degno di questo nome, e non un professorucolo qualsiasi che finge di insegnare, ma si limita a giudicare e a valutare con i voti il profitto degli alunni, che non può dipendere davvero dal suo (inesistente) insegnamento, deve guidare i suoi allievi, mostrando e spiegando loro questo metodo, fino a quando saranno in grado di appropriarsene e di procedere da soli.
Come avete visto, per forza di cose ci si deve allontanare dal senso letterale e, in più, interpretare personalmente: ecco perché è venuto fuori il gioco di parole: traduttore = traditore (è una paronomasia), perché, bene o male, chi traduce ci mette sempre del suo e, a volte, rischia di sovrapporsi all'autore che sta traducendo, facendogli dire ciò che non ha detto. Non dovrebbe mai accadere, però... ogni tanto accade...  
  



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