lunedì 26 ottobre 2020

Nusquam est qui ubique est

Chi è dovunque, non è in nessun luogo 
(Seneca, Lettere a Lucilio, II, 2)

Seneca, filosofo e tragediografo latino, precettore e infine vittima di Nerone, è celebre anche per le sue sentenze rapide, concettose e suggestive. Molte sue frasi sono diventate famose e proverbiali grazie a un personale e inimitabile modo di scrivere, riconducibile al cosiddetto stile asiano, caratterizzato da una ricchezza di immagini, di chiaroscuri, di contrapposizioni e da una spesso esasperata ricerca dell'effetto.
La frase del titolo è una di queste, ma l'autore che cosa intende dire? Le interpretazioni possibili sono due.
La prima, strettamente letterale, implica un significato puramente spaziale e allude alla mania dei viaggi. Chi viaggia di continuo, passando freneticamente da un luogo all'altro, è convinto di avere visitato tante località diverse, ma in realtà non ne ha conosciuto veramente nessuna, perché in nessuna di esse ha trovato qualche cosa di "suo", che lo attraesse e lo trattenesse lì.
La seconda interpretazione, metaforica, è applicabile a tanti ambiti diversi:
a) assaggiare tanti cibi è proprio di uno stomaco inappetente, che non trova soddisfazione in nessuno di essi;
b) passare continuamente da un libro all'altro, da un autore all'altro è proprio di una mente superficiale, che si accontenta di accumulare nozioni su nozioni, idee su idee, senza soffermarsi a fondo su nessuna, per farla veramente sua;
c) circondarsi di tante amicizie o - peggio - di tanti amori è indice di una fondamentale aridità di cuore, che privilegia la quantità a scapito della qualità.
Volendo, l'elenco potrebbe continuare, però mi preme soltanto sottolineare come e quanto possano ancora farci riflettere cinque sole parole di un antico scrittore latino. 
 


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