giovedì 13 agosto 2020

E il cervello?

Ogni tanto mi torna in mente qualche favoletta di Fedro, con cui mi confrontai e talora mi scontrai nei beati anni della mia Scuola Media, in un tempo in cui essa contemplava l'obbligatorietà dello studio del latino in tutti e tre gli anni. Allora mi apparivano simpatiche ma adesso le giudico anche formative, perché ci mostrano la vita nel suo aspetto reale, che non è davvero la visione rosea ed edulcorata di un mondo tipo Mulino Bianco, ma qualcosa di assai impegnativo, una corsa ad ostacoli su un percorso disseminato di trappole e tranelli, in cui spesso quelli che ci appaiono amichevoli compagni di viaggio, si rivelano freddi opportunisti senza cuore e senza scrupoli. Oggi ne voglio proporre una breve e molto carina, la settima del I libro:

Personam tragicam forte vulpes viderat;
quam postquam huc illuc semel atque iterum verterat,
"O quanta species" inquit, "cerebrum non habet!"
Hoc illis dictum est quibus honorem et gloriam
Fortuna tribuit, sensum communem abstulit.

Ecco la mia traduzione:
Per caso una volpe aveva visto la maschera di un attore tragico; e, dopo averla girata una prima e una seconda volta da una parte e dall'altra, disse: "Sì, a vederla è molto bella, ma il cervello dov'è?"
Questa favola è diretta a coloro a cui la sorte ha donato onore e gloria, ma ha tolto il buon senso.

La morale che Fedro aggiunge alle sue favole, ora all'inizio, ora - come in questo caso - alla fine, non sempre ci lascia soddisfatti, perché spesso ci rendiamo conto che il suo commento si riferisce principalmente a qualche fatto o persona di sua conoscenza, che noi ignoriamo. Nel caso in questione egli trascura la bellezza dell'aspetto - presente invece nelle parole della volpe - per riferirsi all'onore e alla gloria (probabilmente sta pensando a qualche uomo politico) e alla parallela assenza del senso comune, cioè del buon senso. Per me sarebbe stato più spontaneo e intuitivo abbinare la bellezza alla stupidità, ossia alla mancanza di intelligenza, tenendo presente che essa deriva dalle parole latine inter (= tra) e legere (= scegliere), da cui il verbo intelligere (= capire). Ossia, chi non è intelligente non è in grado di scegliere tra un'idea valida e una erronea, tra un comportamento giusto e uno sbagliato e, di conseguenza, risulta privo di buon senso.
Ma la favola l'ha scritta Fedro, che è libero di arrivare alle conclusioni che meglio crede: noi siamo liberi di aggiungere le nostre.  


Post in evidenza

Festìna lente

Questo motto latino, tuttora molto usato, significa: affréttati lentamente, e pare che fosse pronunciato spesso dall'imperatore Augusto,...