sabato 10 ottobre 2020

Casus belli

Come sappiamo, questa locuzione latina, diventata di uso comune, significa pretesto per scatenare una guerra, interpretando quest'ultimo termine in modo estensivo: contrasto, lotta, aggressione. La storia politica e militare di tutti i tempi ce ne fornisce tanti e tristi esempi - basti pensare a uno dei più antichi: il ratto di Elena -, ma anche la vita quotidiana e l'esperienza di ciascuno di noi non mancano di presentarci ogni tanto il perfetto esemplare di attaccabrighe, pronto a trovare - o ad inventarsi - qualunque pretesto per offendere ed aggredire, talora non solo verbalmente.
Queste considerazioni mi riportano alla mente la mia infanzia, quando, ancora bambino ingenuo, frequentavo la Scuola Media e cominciavo ad apprendere dalla vita di classe e dai libri i diversi aspetti dell'esistenza, anche quelli più negativi. In questo era di grande ausilio la lettura dei primi classici latini, i cui testi più elementari - sì, ma fino a un certo punto! - ci venivano fatti leggere e tradurre, per rintracciare in essi e approfondire le regole grammaticali e sintattiche della lingua latina, tanto bella quanto complessa.
Il primo testo "serio" che ci fu sottoposto furono le Favole di Fedro, di cui facemmo una vera scorpacciata, cominciando a popolare il nostro mondo immaginario di lupi voraci, timidi agnelli, asini pazienti, cornacchie troppo loquaci, volpi furbette, leoni superbi e violenti ma, a modo loro, generosi. La prima favola della raccolta fu anche la prima che mi capitò di leggere, quella famosissima del lupo e dell'agnello, che, proprio in quanto prima, acquistò allora, e sempre più con il passar del tempo, i contorni della favola per eccellenza, la più familiare e rappresentativa, ma anche la più adatta ad illustrare l'argomento di questo mio post. Rileggiamola.

Un lupo e un agnello, spinti dalla sete, erano giunti allo stesso ruscello; il lupo stava più in alto, l'agnello molto più in basso. Allora quel predone, eccitato da una voracità eccessiva, inventò il pretesto di una lite.
"Perchè - disse - mi hai reso torbida l'acqua che bevo?"
Il lanuto gli rispose timoroso:
"Di grazia, come posso fare quello di cui mi accusi, o lupo? L'acqua scorre da te alle mie sorsate."
Quello, svergognato dalla forza della verità, replicò:
"Sei mesi fa hai parlato male di me."
L'agnello rispose:
"In verità non ero ancora nato."
Quello disse:
"Tuo padre, per Ercole, ha parlato male di me."
E così, dopo averlo afferrato, lo sbranò con un'ingiusta morte.
Questa favola è stata scritta a causa di quegli uomini, che opprimono gli innocenti con motivazioni inventate.

Uno dei tanti (troppi!) casi in cui la ragione della forza ha il sopravvento sulla forza della ragione. D'altronde, che resistenza avrebbe potuto opporre il mite e inoffensivo agnello al lupo feroce e aggressivo? Un altro triste esempio di quanto sia crudele la legge di natura, poco adatta - io ritengo - a suggerire norme e comportamenti corretti e veramente umani.  
   

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