venerdì 17 luglio 2020

Dat veniam corvis, vexat censura columbas

Questo verso del poeta satirico Decimo Giunio Giovenale (Sat. II, 63) significa:
la critica tende a giustificare i corvi e ad accanirsi contro le colombe.
Come non vedere un'avvilente coincidenza tra le ingiustizie individuali e sociali del I/II secolo d. C. e quelle analoghe - tuttora esistenti - dell'età contemporanea? Il lamento di Giovenale, profetico ed attuale più che mai al giorno d'oggi, è provocato dall'assistere a un atteggiamento distorto e perenne dell'animo umano, che si manifesta nel giustificazionismo, nel perdonismo e nel buonismo a oltranza. In pratica si privilegia la violenza del prepotente, che fa la prima mossa aggressiva, e si stigmatizza e si colpevolizza chi "si permette" di difendersi, reagendo alla violenza subìta senza poter avere il tempo e la freddezza (è appena stato aggredito!) di misurare con il bilancino la propria (legittima e sacrosanta!) reazione difensiva, a volte devastante... Peggio per chi se l'è andata a cercare. O no?
Ma subito intervengono i garantisti da strapazzo, che attaccano il povero Abele e difendono i presunti diritti del miserabile Caino di turno... No, caro Giovenale: da te a noi non è cambiato proprio niente.     

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