lunedì 31 maggio 2021

Fugit inreparabile tempus

"Il tempo fugge e non si può recuperare": così dice Virgilio nel III libro delle Georgiche (v. 284).
La riflessione sul tempo è un aspetto caratteristico del pensiero latino. Sia nel campo poetico – Orazio – sia in quello filosofico – Seneca – sono state dette parole molto suggestive e profonde sulla necessità di valorizzare il presente e di esorcizzare il futuro. Il carpe diem (= cogli l'attimo) dell'Ode I, 11 di Orazio, benché volgarmente frainteso nel corso dei secoli, è il pressante e malinconico invito a realizzarsi completamente nel presente, vivendo in modo lucido e consapevole attimo per attimo. Esso va abbinato, però, al saggio consiglio dell'Ode I, 9: quid sit futurum cras, fuge quaerere (= evita di chiederti che cosa accadrà domani), per non compromettere il momento presente, cadendo in preda all'ansia per il futuro ignoto.
Il filosofo Seneca ha dedicato al tempo l'intero dialogo De brevitate vitae (= La brevità della vita), con l'intenzione di dimostrare che, al contrario di ciò che si pensa, la vita non è breve, ma siamo noi a renderla tale, sprecando o utilizzando male il tempo che ci ha assegnato la natura. Per questo egli rivolge agli uomini il suggerimento in forma di comando: protinus vive! (= vivi subito!). Ossia, l'uomo affaccendato deve liberarsi dagli impegni futili e, spesso, dannosi, per dedicarsi da subito al proprio perfezionamento morale, senza rinviarlo in continuazione a un imprecisato futuro, che potrebbe anche non esserci.
Ritengo che Orazio e Seneca non avrebbero potuto non condividere le seguenti parole:

Non preoccupatevi per il domani; il domani, infatti, porterà i suoi affanni. A ogni giorno basta il suo carico di mali.

Il brano è tratto dal Vangelo di S. Matteo (VI, 34), un'ulteriore dimostrazione di quanto ho sottolineato nei due articoli precedenti riguardo alla convergenza, pur con sfumature diverse, della cultura latina pagana e quella cristiana su certi temi. Ed è ad entrambe che bisogna rivolgere lo sguardo nei caotici tempi attuali, per contrastare e neutralizzare l'imbarbarimento luciferino ormai dilagante nella politica, nella pseudoscienza, nella morale. 

martedì 25 maggio 2021

In difesa dei bambini

Oltre alla parte iniziale dell'Institutio oratoria del retore Quintiliano la satira XIV di Giovenale è uno dei pochi testi pedagogici della letteratura latina degni di essere ricordati. In essa il poeta rimprovera i genitori, responsabili di presentare ai figli ancora bambini dei pessimi esempi, che s'imprimeranno sulla cera vergine del loro animo e non potranno non essere imitati. Padri dediti al gioco d'azzardo o alla ricerca delle più sofisticate prelibatezze culinarie, madri che passano da un amante all'altro, il culto del denaro come bene supremo, e poi scene sconce di ballerine seminude, che vengono a intrattenere gli ospiti durante i banchetti... Con quali princìpi e assimilando quali valori, potranno crescere e maturare i maschietti e le femminucce in simili ambienti e con tali educatori? Ecco, dunque, la netta sentenza di Giovenale, che assume il ruolo di imperativo categorico:

al bambino è dovuto il massimo rispetto
(XIV, 47)

E' sorprendente notare quanto Giovenale sia attuale dopo quasi duemila anni: i nostri tempi sono quelli della pedofilia imperante, dei rapimenti di bambini a scopo sessuale, o per espiantare organi, o per avviarli ai furti e all'accattonaggio, o per culti demoniaci, mentre i cosiddetti adulti si stracciano le vesti e si strappano i capelli, perché si sta estinguendo questa o quell'altra specie di bestie. Ovviamente, dati i nostri tempi perversi e i pervertiti, che ci vivono, questa sua attualità in difesa dei bambini gli sarà rinfacciata e attribuita a colpa, come già è stato fatto per la sua mal interpretata misoginia, la sua presunta omofobia, la sua motivata xenofobia.
Dovunque si trovi adesso Giovenale, senz'altro se la ride, vedendo i decerebrati che lo criticano, ma senz'altro gli farà piacere apprendere che un personaggio illustre, vissuto un po' prima di lui, ma che non ebbe la possibilità di conoscere, la pensava proprio allo stesso modo:

E chi scandalizzerà uno di questi piccoli, che credono in me, per lui sarebbe meglio che gli fosse legata al collo una macina da mulino e fosse gettato nel mare. (Marco, IX, 42).

Non è un caso che la cultura latina pagana e quella cristiana convergano sugli stessi temi, anche se con accenti diversi: è proprio grazie alla loro azione combinata, se negli ultimi millenni l'umanità si è evoluta moralmente e spiritualmente, tanto è vero che entrambe vengono rifiutate e demonizzate dalle bieche e abiette forze tenebrose, che tramano nell'ombra per riportare l'uomo a uno stato animalesco, o forse ancora più in basso. 



   

   

martedì 4 maggio 2021

Favole vere e favole false

 Un tempo, quando ancora si conosceva la differenza tra bene e male, tra giusto e ingiusto, tra virtù e vizio, lo studio del latino nei tre anni della scuola media ne forniva ai ragazzetti e alle ragazzette delle esemplificazioni simpatiche e formative nella lettura delle favole di Fedro. Le prime traduzioni dal latino, i primi sforzi interpretativi li abbiamo svolti lì, su quei brevi e semplici (ma non sempre!) testi poetici, animati da un sorriso amaro. E' lì che abbiamo cominciato a individuare i buoni e i cattivi, i furbi e gli ingenui, le vittime e i carnefici. Adesso quelle favolette sono considerate sullo stesso piano di reperti archeologici, testimonianze sorpassate di un mondo di valori ormai sparito, perché messo in crisi dal relativismo pseudoscientifico, dal premeditato, e architettato ad arte, crollo degli ideali e delle certezze, su cui si è basato il mondo per migliaia di anni. A poco a poco si vogliono annullare le differenze, fare un solo grande minestrone religioso, un altro politico, uno economico, uno di genere con i due sessi intercambiabili all'occasione, uno multietnico indirizzato alla meta finale del meticciato sullo sfondo di un pensiero (si fa per dire) unico, che sia ispiratore di un linguaggio politicamente corretto. Il risultato dovrebbe essere (mi affido a questo condizionale, per esorcizzare la realtà minacciosa del futuro dovrà) l'uomo nuovo di un nuovo mondo (brrr!) ordinato in modo diverso, un uomo avulso dalle sue radici morali, spirituali e culturali, sradicato dai suoi valori e dalle sue credenze, e proprio per questo più duttile e malleabile, perché privo di un saldo nucleo sostanziale interiore e, quindi, più manovrabile da chi vuole e può usarlo come mezzo e non come fine.
Coltivare il latino può significare aggrapparsi a un'ancora di salvezza, restare fedeli alle proprie autentiche radici di italiani e di europei, mantenere vivo il pensiero critico, chiamare le cose con il loro nome, valorizzare la tradizione ossia quella successione di fatti e di pensieri, che ci ha costruiti a poco a poco nel modo preciso in cui ci troviamo ad essere.
Ogni tanto mettiamo da parte le favole, che ci propina in continuazione il mainstream, specie di questi tempi, e consoliamoci con altre favolette, più sane, più sagge e molto, molto più gradevoli. A te la parola, mio caro, vecchio Fedro!

Mentre un galletto cercava qualche cosa da mangiare in un letamaio, trovò una perla. 
"Quanto sei bella - disse -, ma ti trovi in un luogo indegno! Se ti avesse vista qualcuno desideroso del tuo valore, saresti ritornata una buona volta al tuo antico splendore. Ma il fatto che ti abbia trovata io, che preferisco di gran lunga un po' di cibo, non può giovare né a te né a me."
Questo racconto è rivolto a quelli che non mi capiscono.
(Fedro, Fabulae, III, 12) 

La morale di questa favola è assai evidente: non tutti sono in grado di apprezzare qualche cosa di pregevole. Non so a voi, cari lettori, ma a me questi versi fanno pensare ad altre parole, molto più importanti, pronunciate da un illustre personaggio scomodo, ritenuto troppo ingombrante dal mainstream, sia laico che ecclesiastico. Alludo a Gesù Cristo, a ciò che dice nel Vangelo di S. Matteo (VII, 6): Non date le cose sante ai cani e non gettate le vostre perle ai porci, affinché per caso non le calpestino con le zampe e, venutivi incontro, vi azzannino.
Non è un caso che la cultura latina pagana e quella cristiana convergano a volte sugli stessi temi, anche se con accenti diversi: è proprio grazie alla loro azione combinata, se negli ultimi millenni l'umanità si è evoluta moralmente e spiritualmente, tanto è vero che entrambe vengono rifiutate e demonizzate dalle bieche e abiette forze tenebrose, che tramano nell'ombra per riportare l'uomo a uno stato animalesco, o forse ancora più in basso.      

     
  

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