sabato 31 dicembre 2022

Buon Anno a tutti!

Dialogo di un venditore di almanacchi e di un passeggere
(Giacomo Leopardi)

Venditore.  Almanacchi, almanacchi nuovi; lunari nuovi. Bisognano, signore, almanacchi?
Passeggere. Almanacchi per l'anno nuovo?
Venditore. Si signore.
Passeggere. Credete che sarà felice quest'anno nuovo?
Venditore. Oh illustrissimo sì, certo.
Passeggere. Come quest'anno passato?
Venditore. Più più assai.
Passeggere. Come quello di là?
Venditore. Più più, illustrissimo.
Passeggere. Ma come qual altro? Non vi piacerebb'egli che l'anno nuovo fosse come qualcuno di questi anni ultimi?
Venditore. Signor no, non mi piacerebbe.
Passeggere. Quanti anni nuovi sono passati da che voi vendete almanacchi?
Venditore. Saranno vent'anni, illustrissimo.
Passeggere. A quale di cotesti vent'anni vorreste che somigliasse l'anno venturo?
Venditore. Io? non saprei.
Passeggere. Non vi ricordate di nessun anno in particolare, che vi paresse felice?
Venditore. No in verità, illustrissimo.
Passeggere. E pure la vita è una cosa bella. Non è vero?
Venditore. Cotesto si sa.
Passeggere. Non tornereste voi a vivere cotesti vent'anni, e anche tutto il tempo passato, cominciando da che nasceste?
Venditore. Eh, caro signore, piacesse a Dio che si potesse.
Passeggere. Ma se aveste a rifare la vita che avete fatta né più né meno, con tutti i piaceri e i dispiaceri che avete passati?
Venditore. Cotesto non vorrei.
Passeggere. Oh che altra vita vorreste rifare? la vita ch'ho fatta io, o quella del principe, o di chi altro? O non credete che io, e che il principe, e che chiunque altro, risponderebbe come voi per l'appunto; e che avendo a rifare la stessa vita che avesse fatta, nessuno vorrebbe tornare indietro?
Venditore. Lo credo cotesto.
Passeggere. Né anche voi tornereste indietro con questo patto, non potendo in altro modo?
Venditore. Signor no davvero, non tornerei.
Passeggere. Oh che vita vorreste voi dunque?
Venditore. Vorrei una vita così, come Dio me la mandasse, senz'altri patti.
Passeggere. Una vita a caso, e non saperne altro avanti, come non si sa dell'anno nuovo?
Venditore. Appunto.
Passeggere. Così vorrei ancor io se avessi a rivivere, e così tutti. Ma questo è segno che il caso, fino a tutto quest'anno, ha trattato tutti male. E si vede chiaro che ciascuno è d'opinione che sia stato più o di più peso il male che gli è toccato, che il bene; se a patto di riavere la vita di prima, con tutto il suo bene e il suo male, nessuno vorrebbe rinascere. Quella vita ch'è una cosa bella, non è la vita che si conosce, ma quella che non si conosce; non la vita passata, ma la futura. Coll'anno nuovo, il caso incomincerà a trattar bene voi e me e tutti gli altri, e si principierà la vita felice. Non è vero?
Venditore. Speriamo.
Passeggere. Dunque mostratemi l'almanacco più bello che avete.
Venditore. Ecco, illustrissimo. Cotesto vale trenta soldi.
Passeggere. Ecco trenta soldi.
Venditore. Grazie, illustrissimo: a rivederla. Almanacchi, almanacchi nuovi; lunari nuovi.

Prendo lo spunto da questa Operetta Morale leopardiana, sempre attuale, per rivolgere i più cordiali auguri di un felice anno nuovo a tutte le persone che conosco, anche a quelle che ho momentaneamente perso di vista, fiducioso che una cosa rinviata per vari ordini di motivi non debba essere forzatamente cancellata per sempre (= quod differtur non aufertur). Pertanto:

Buon Anno da







mercoledì 14 dicembre 2022

Il diavolo e l'acqua santa

Nell'attuale società, che si fa vanto di essere laica e talora non riesce a non essere laida, si può affermare senza tema di essere smentiti che è invalsa la pratica quotidiana di mescolare il sacro al profano con risultati che sovente scadono nella sfacciataggine e nella sconvenienza, ma qualche volta anche soltanto nella più grottesca comicità. Comico e grottesco, infatti, si può definire il fatto seguente. Un visitatore della Basilica romana di S. Maria in Trastevere ha diffuso sul web un video, che mostra il presepe ivi realizzato dalla Comunità di S. Egidio. Tra i tanti personaggi c'è anche una dottoressa addetta all'inoculazione del vaccino anti-Covid, che sbandiera un certificato attestante una quinta vaccinazione. Una scelta di pessimo gusto, tenendo presente che i responsabili della Pfizer hanno da poco dichiarato ufficialmente in sede europea che non era stata mai testata la supposta capacità del vaccino di evitare il contagio, oltre ai vari gravi (in alcuni casi: gravissimi) inconvenienti a cui ha dato origine. Eppure così va il mondo e il Bambinello nella sua infinita pazienza deve sopportare anche questa scomoda compagnia:


domenica 11 dicembre 2022

Poeti sì, poeti no

Nella cultura latina la poesia è concepita come l'esito dell'equilibrata convergenza di due risorse, l'una in funzione dell'altra: l'ingenium e l'ars. Il primo termine indica le doti naturali e innate, mentre il secondo mette l'accento sulla tecnica compositiva. Il solo ingenium può essere sufficiente a qualificare un poeta, ma rozzo, in quanto egli ha – sì – qualche cosa da dire, ma la dice male, in modo inadeguato. La sola ars non è in grado di raggiungere la poesia, ma nel migliore dei casi può rendere qualcuno un buon verseggiatore, un facitore di versi. L'indispensabile compresenza di questi due elementi è testimoniata da Cicerone nel giudicare positivamente il poema di Lucrezio, un poeta a lui non molto gradito, perché appartenente alla corrente filosofica dell'epicureismo, da condannare, secondo il grande oratore, che non approvava né la sua etica basata sul piacere, né il suggerimento di astenersi dall'attività politica. In una lettera al fratello Quinto (libro II, 9, 3) egli riconosce obiettivamente che nel De rerum natura si trovano molti sprazzi d'ingegno (multis luminibus ingenii) ma anche molta arte (multae tamen artis).

Fatta questa doverosa premessa, passo ad esaminare tre particolari concetti di poesia presenti nelle opere di Orazio, Persio e Giovenale: in realtà si potrebbero definire tre “variazioni sul tema”, perché sono tre personali interpretazioni dello stesso argomento. Non è un caso che io abbia scelto tre esponenti del genere satirico, un genere letterario pericolosamente in bilico tra la tentazione prosastica – anche prosaica! – e la vibrante asserzione di elevati princìpi morali, spesso assai curata stilisticamente.

Ometto di sottolineare ancora una volta l'alto livello artistico raggiunto dalla varia produzione oraziana – è ovviamente superfluo –, ma mi preme precisare che il poeta venosino è stato anche un grande teorico di poesia, come testimonia l'Epistola ai Pisoni, il poemetto didascalico, anch'esso – tra l'altro – pregevole opera di poesia, in cui egli si dimostra un esperto conoscitore dei canoni dell'arte poetica, tra cui la necessità che l'ingenium e l'ars svolgano un ruolo combinato per il raggiungimento dei più soddisfacenti risultati artistici. Ma non è su questo che vorrei soffermarmi.

Nella II epistola del II libro, dedicata a Floro, rievocando tra il serio e il faceto gli inizi della sua carriera poetica, egli dice con una formula autoriduttiva e autoironica (cfr. per es. l'equipollente espressione Epicuri de grege porcum nel verso 16 dell'epistola I, 4):

paupertas impulit audax ut versus facerem

sotto la spinta della povertà trovai il coraggio di fare versi

(Epistole II, 2, 51 – 52)

Molti critici hanno preso alla lettera questa osservazione, scandalizzandosi perché la povertà non è assolutamente un movente adeguato per trasformare in poeta chi già non lo sia. Ma Orazio non ha detto questo, dato che ha usato la locuzione versus facere, fare versi, che è ben diversa da “essere poeta”, ma equivale a “essere un verseggiatore, un facitore di versi”. Chi sarebbe tanto sventato e irriverente da qualificare come verseggiatore o facitore di versi un Dante, un Petrarca, un Tasso o un Leopardi?

Persio, l'immediato successore satirico di Orazio, dimostra invece di aver inquadrato nei giusti termini l'ambigua confessione del suo predecessore, approfondendone la portata per rivolgere un giudizio di disvalore alla pseudopoesia dei suoi contemporanei. È la critica tagliente contenuta nella seconda metà dei Choliambi, in cui i poetastri coevi sono paragonati a corvi, gazze e pappagalli che, stimolati dall'offerta di cibo, si sforzano di ripetere meccanicamente parole umane. Alla paupertas oraziana egli sostituisce più prosaicamente il venter, l'appetito, la voracità:

Quis expedivit psittaco suum 'chaere'
picamque docuit nostra verba conari?
Magister artis ingenique largitor
venter, negatas artifex sequi voces.

Chi ha reso agevole al pappagallo il suo <buongiorno!> e ha insegnato alle gazze a cimentarsi nella pronuncia di parole umane? Il ventre, maestro dell'arte e donatore d'ingegno, capace di far riprodurre suoni umani non consentiti dalla natura” (Choliambi, 8 – 11)

Da notare che, secondo Orazio, la paupertas aveva potuto trasformarlo in un buon versificatore (impulit ut versus facerem), cioè gli aveva concesso l'ars, mentre Persio nel suo impietoso sarcasmo va ben oltre, perché qualifica il ventre come “maestro dell'arte e donatore d'ingegno”, quindi del tutto in grado di trasformare in vero poeta – in cui si abbinano ingenium ed ars – anche chi non abbia ricevuto dalla natura un'indole poetica.

Giovenale, l'ultimo grande satirico latino, non poteva non dire la sua a questo proposito. Nella I satira egli passa in rapida rassegna la corruzione presente in Roma. Davanti a tanta depravazione e perversione non può rimanere indifferente e decide di scendere nell'agone poetico, per denunciare il vizio dilagante. Ma un dubbio l'assale: sarà in grado di scrivere versi all'altezza di un argomento così impegnativo e coinvolgente? Avrà la giusta ispirazione? Ed ecco la risposta:

Si natura negat, facit indignatio versum

Se la natura mi nega l'indole poetica, sarà l'indignazione a dettarmi i versi”

(Satire, I, 79)

Quindi Giovenale è convinto che l'assenza del talento (dote innata = ingenium) può essere compensata dall'indignatio, accompagnata nel suo caso da una sofisticata tecnica compositiva (= ars), dovuta ai suoi studi retorici. È questa, come abbiamo visto una terza interpretazione particolare del controverso rapporto tra ingenium ed ars, che Orazio affronterà in modo più impegnativo nell'Epistola ai Pisoni, la fondamentale Ars Poetica, oggetto di culto fino alle soglie del Romanticismo.

giovedì 8 dicembre 2022

Buon compleanno, Orazio!

Dalla “Vita di Orazio” scritta da Caio Svetonio Tranquillo:

Natus est VI Idus Decembris L. Cotta et L. Torquato consulibus, decessit V Kl. Decembris C. Marcio Censorino et C. Asinio Gallo consulibus post nonum et quinquagesimum diem quam Maecenas obierat, aetatis agens septimum et quinquagesimum annum...

“Nacque sei giorni prima delle Idi di Dicembre (= 8 dicembre) sotto il consolato di Lucio Cotta e Lucio Torquato (= 65 a. C.), morì cinque giorni prima delle Calende di Dicembre (= 27 novembre) sotto il consolato di Caio Marzio Censorino e Caio Asinio Gallo (= 8 a. C.), cinquantanove giorni dopo la morte di Mecenate, all'età di cinquantasette anni...”

Egli stesso aveva predetto che non sarebbe sopravvissuto lungo, qualora il caro amico Mecenate lo avesse preceduto nell'estremo viaggio della vita:

Ille dies utramque

ducet ruinam. Non ego perfidum
dixi sacramentum: ibimus, ibimus
utcumque praecedes, supremum
carpere iter comites parati.

“Quel giorno segnerà la fine di ambedue. Non ho pronunciato un giuramento ingannevole: in qualunque momento tu mi precederai, andremo, andremo insieme come buoni compagni, pronti ad incominciare il nostro ultimo viaggio” (Odi II, 17, 8 – 12).

martedì 6 dicembre 2022

Bacchanalia uiuere

Il titolo significa vivere in modo dissoluto, come chi partecipa ai Baccanali. In questo momento storico di sbandamento morale, in cui l'eccezione è diventata la regola e la depravazione e la perversione sono giustificate e imposte dal mainstream e dai poteri dominanti, seguendo l'esempio della dantesca Semiramide, che libito fe' licito in sua legge, / per torre il biasmo in che era condotta (Inferno, V, 56 – 57), sarebbe il caso di rileggere la seconda satira di un nauseato Giovenale, che bolla il vizio con parole di fuoco, mostrandosi inoltre di una sorprendente preveggenza. Ne cito solo i primi tre versi: a chi volesse leggere il seguito del testo e della mia traduzione, con annesso un mio articolato commento, mi permetto di consigliare il libro da me pubblicato nel 2015, intitolato “Ma li difende il numero”.

Vltra Sauromatas fugere hinc libet et glacialem
Oceanum, quotiens aliquid de moribus audent
qui Curios simulant et Bacchanalia uiuunt.

Avrei voglia di fuggire via da qui e andarmene al di là dei Sarmati e dell'Oceano glaciale, tutte le volte che osano pontificare sulla morale quelli che a parole si atteggiano a uomini austeri e virtuosi, mentre si abbandonano alle orge più sfrenate” (Giovenale, Satire, II, 1 – 3).


domenica 4 dicembre 2022

Buon compleanno, Persio!

Oggi, 4 dicembre, è l'anniversario della nascita del poeta satirico Aulo Persio Flacco, latino ma di antica origine etrusca. Era nato a Volterra nel 34 d. C. ed era morto per una grave patologia allo stomaco in una sua villa sull'Appia Antica, a otto miglia da Roma, nel 62 d. C. a ventotto anni non ancora compiuti: gli mancavano ancora dieci giorni.

Per celebrare degnamente il suo compleanno, voglio ricordare uno solo dei suoi tanti meriti: tra i cinque scrittori più eminenti vissuti durante il principato neroniano – Seneca, Lucano, Petronio, egli stesso e Silio Italico – Persio fu l'unico a non compromettersi con il truce potere tirannico allora dominante, evitando di frequentare la corte di Nerone.

Ed ecco un piccolo assaggio delle sue qualità poetiche, però non satiriche, ma puramente descrittive. In due versi e mezzo tratteggia con cura affettuosa un angolo intimo e incantevole, a lui molto caro:

Mihi nunc Ligus ora
intepet hibernatque meum mare, qua latus ingens
dant scopuli et multa litus se ualle receptat.

Adesso la spiaggia ligure mi offre il suo tepore e il mio mare trascorre l'inverno in tutta tranquillità, protetto dal baluardo di una massiccia scogliera, dove la costa si ritira in una profonda insenatura” (Satira VI, 6 – 8).

Post in evidenza

Festìna lente

Questo motto latino, tuttora molto usato, significa: affréttati lentamente, e pare che fosse pronunciato spesso dall'imperatore Augusto,...