venerdì 29 ottobre 2021

Istruzioni per l'uso

Come ho già anticipato, il mio romanzo, appena concluso, ha come argomento generale quello più semplice e antico, il contrasto drammatico tra Bene e Male. Nella sua trattazione rivestono un ruolo fondamentale i riferimenti allo storico latino Sallustio e alla religione mazdea. Su quest'ultima mi sono dilungato abbastanza nel mio precedente romanzo All'ombra del Saggio Signore. Zoroastro, il paladino e la principessa (Youcanprint, 2019), alla cui lettura ovviamente rimando, mentre sullo scrittore latino devo fornirvi delle nozioni, indispensabili per farsene una pur sommaria idea.
Gaio Sallustio Crispo nacque ad Amiterno (Abruzzo) nell'86 a. C. da una ricca famiglia plebea. Si dedicò alla politica, militando nel partito cesariano. Grazie all'intervento di Cesare, Sallustio fu riammesso nel Senato, da cui era stato espulso per indegnità, e fu nominato governatore della Numidia, in cui si arricchì secondo il malcostume del tempo. Dopo la morte di Cesare, suo protettore, si ritirò a vita privata negli Horti Sallustiani, la villa sfarzosa costruita con i proventi del suo malgoverno in Africa. Morì intorno al 34/35 a. C. Di lui ci restano tre scritti di argomento storico: due monografie complete e un'opera di ampio respiro – le Historiae – di cui ci sono pervenuti solo dei frammenti e che doveva presentare, sotto una forma annalistica, i fatti avvenuti nell'intervallo di tempo tra le vicende delle due monografie.
La prima, De Catilinae coniuratione, narra il tentativo rivoluzionario compiuto nel 63 a. C. da Lucio Sergio Catilina. Egli, nobile decaduto ed ex seguace di Silla, dopo aver cercato invano per due volte di farsi eleggere console, organizzò una congiura per impadronirsi del potere con un colpo di stato. Il seguito di Catilina era trasversale, perché ne facevano parte i falliti e i disperati delle tre classi sociali – optimates, equites e populares – che, travolti dai debiti per un eccessivo amore dei lusso e dei divertimenti, vedevano in una rivoluzione l'unica maniera per ribaltare la loro catastrofica situazione finanziaria. Come il suo capo, era gente priva di scrupoli, pronta a compiere qualunque crimine pur di soddisfare l'ambizione e l'avidità da cui era divorata. È memorabile il ritratto che Sallustio fa di Catilina, un gigante del vizio e della depravazione, che però si riscatta combattendo valorosamente e morendo nella battaglia di Pistoia contro l'esercito della repubblica. Lo scrittore ne è contemporaneamente attratto e respinto, perché se è vero che calca la mano sulla malvagità di Catilina, per dimostrare che Cesare non poteva essere segretamente d'accordo con lui – circolava questo sospetto –, d'altra parte riconosce che alcune rivendicazioni dei rivoluzionari erano accettabili, come la denuncia dell'arroganza e dello strapotere dell'oligarchia senatoria.
La seconda monografia, De bello Iugurthino, racconta la guerra (111 – 105 a. C.) combattutta da Roma contro Giugurta, usurpatore del regno di Numidia. Nipote e figlio adottivo del re Micipsa, padre di Aderbale e Iempsale, dopo la morte dello zio/patrigno volle regnare da solo e uccise i cugini/fratellastri. Il senato, corrotto dall'oro dell'usurpatore, all'inizio fece finta di non vedere, ma poiché nella conquista di Cirta, ultimo rifugio di Aderbale, Giugurta aveva fatto massacrare un buon numero di mercanti italici, fu costretto ad intervenire. La guerra andò per le lunghe, finché il comando fu assegnato al plebeo Caio Mario, che riuscì a convincere il popolo a farsi dare l'incarico, sottraendolo alla superbia degli aristocratici. Aiutato dal suo luogotenente Cornelio Silla – con cui si sarebbe scontrato negli anni a venire – Mario vinse la guerra e catturò Giugurta. Alla pari di Catilina anche Giugurta viene descritto come un genio del male ed esercita un suo fascino ambiguo, ma i veri temi dell'opera sono la corruzione della classe aristocratica e la necessità di dover ricorrere a un generale plebeo, un homo novus, per umiliare la tracotanza dei nobili e sconfiggere un nemico di Roma. Sallustio segue lo stile asiano, concettoso, ricco di immagini, tendente alla ricerca dell'effetto, basato sui contrasti e i chiaroscuri. Il suo è uno stile molto mosso, che rende la narrazione quasi romanzesca e si fonda sull'inconcinnitas (= asimmetria nella struttura della proposizione e del periodo), la brevitas (ellissi, asindeti e descrizioni concentrate), la variatio (bruschi cambiamenti sintattici) e la gravitas (ottenuta tramite l'uso di arcaismi). Una nota comune alle due monografie sono i prologhi moraleggianti, che testimoniano l'interesse di Sallustio per la filosofia e gli offrono l'opportunità di svolgere una sincera autocritica. Tra le opere a lui attribuite, ma non pervenuteci, c'è anche un poema Empedoclea, in cui si sarebbe ispirato alle dottrine di Empedocle e Pitagora.
Non so quando il mio romanzo potrà essere pubblicato, ma vi terrò aggiornati.


    

martedì 26 ottobre 2021

Finis coronat opus

"La fine è il coronamento del lavoro", ossia: ho concluso la stesura del romanzo e sto in fase di revisione.
Sono più che soddisfatto di ciò che ho scritto e di come l'ho scritto, della trama, della descrizione degli ambienti, dei caratteri dei personaggi, delle valenze che animano la narrazione e le infondono una finalità oscillante tra l'insegnamento, il gusto dell'avventura, l'estro fantastico e certi convinti - per me imprescindibili - contenuti etici.
Ancora non voglio spingermi oltre, per non scoprire le mie carte... Però, posso anticipare alcuni particolari, che per me sono secondari e talora fuorvianti, ma ad altri possono sembrare, e in realtà già lo sono sembrati in passato, fondamentali e qualificanti. Ne rivelerò due:
a) il numero delle pagine. Uno dei punti dolenti delle [bonarie] critiche rivoltemi è il numero non spropositato delle pagine dei miei libri, il cui record è stato stabilito da "Quando ruggisce la notte": 156 pagine. Bene, ho il piacere di annunciare che mi sono superato, perché questo romanzo conterà ben 158 pagine!
b) la protagonista femminile. A volte mi è stato fatto notare che le eroine - chiamiamole così -, prime attrici dei miei diversi romanzi, tendono ad assomigliarsi, specialmente nell'aspetto fisico, ma in questo romanzo ho cercato di apportare una certa dissomiglianza: niente di eccezionale, ma qualcosa di netto.
Ovviamente queste anticipazioni valgono al 99%, perché, essendo in fase di revisione, potrei anche apportare dei cambiamenti...
A breve ritornerò con un post per fornire informazioni definitive e propedeutiche alla lettura.     

mercoledì 20 ottobre 2021

Cara OCSE, fatti un... "buono"!

Oggi ho letto sul Televideo una di quelle notizie... che ti riconciliano con la vita. L'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (= OCSE), uno di quei tanti enti mondialisti, più dannosi che inutili - basti pensare a quanti guai ha combinato di recente e tuttora sta combinando l'OMS e tutti i suoi accoliti -, tramite i suoi rappresentanti, venuti in audizione alla Commissione Bilancio del Senato, ha affermato che l'Italia spende troppo per le pensioni e questo penalizza i giovani e le prospettive future. Come dire: cari vecchi, una volta che avete terminato la vostra vita lavorativa, toglietevi dai piedi il prima possibile, perché la pensione che percepite è a fondo perduto, visto che non producete più niente e i soldi, che vi si danno, potrebbero essere utilizzati per scopi molto più utili della vostra inutile sopravvivenza.
Ci sarebbe da ridere, riflettendo che simili obbrobriose scemenze sono state dette proprio nel Senato, un'istituzione di privilegiati, che intascano laute pensioni dopo soli cinque anni di legislatura... Comunque, le soluzioni non mancherebbero: da quella di incentivare con qualche premio (?) il vecchio che decidesse di suicidarsi, a quella di escogitare una specie di Green Pass... (...aggio all'altra vita) che sostanzialmente ti costringesse, senza costringerti formalmente. Sì, ridiamoci sopra, è meglio. A proposito, devo spiegarvi il titolo.
Nel film di Carlo Verdone Bianco, rosso e Verdone il giovane Mimmo, goffo e un po' svanito, deve accompagnare in macchina la nonna da Verona a Roma per votare. Durante il lungo viaggio, la nonna ha bisogno di una medicina, il nipote ne acquista una sbagliata e, quindi, ritorna alla farmacia per restituirla. Ovviamente non gli restituiscono i soldi, ma gli fanno un "buono" equivalente alla somma spesa. Il nipote, che è un vero sprovveduto, torna dalla nonna e nasce questo dialogo:
"Nonna, nonna, m'hanno fatto un buono, che vor di'? Vor di' che..."
E la nonna: "Che te la............................" 

P. S.
Chi non riesce a capire la risposta della nonna, mi scriva in privato che gliela riferisco per intero.
     

sabato 16 ottobre 2021

Countdown

Prendo lo spunto per questo mio post da alcune frasi scritte da mia figlia Claudia, contenute nel suo primo commento al mio articolo “Scrivere è vivere” del 12 ottobre scorso. Sono delle idee su cui ho riflettuto spesso pure in passato, fin da bambino, ma ancora di più negli ultimi anni: sia allora che ora sono state e sono per me sempre fonte di una sottile angoscia. Le frasi sono queste:


Personalmente preferisco romanzi leggermente più lunghi (ma non troppo) della media ma solo per evitare di pensare “mannaggia, è già finito” nel momento di massimo coinvolgimento, dopo essermi accorta che le pagine rimaste sono troppo poche.


Quello che lei ha scritto, riguardo alla lunghezza di un libro, fin da bambino mi angustiava quando andavo al cinema, in cui mi godevo tutto il primo tempo e la prima metà del secondo, poi sentivo l'amaro in bocca quanto più si avvicinava la fine. Può provocare la stessa sensazione spiacevole uno spettacolo teatrale, un bel gioco, una gita, un appuntamento particolarmente gradito, la consumazione di un buon cibo, una qualsiasi esperienza bella, la frequentazione di una persona o di un ambiente per un certo periodo di tempo e non più: insomma qualunque cosa di piacevole sottoposta alla tirannia del tempo “invidioso”, come lo definisce Orazio. Non credo di dire qualche cosa di particolarmente profondo, perché ritengo che una sensazione del genere non sia soltanto io a provarla. Quando poi si supera una certa età, il valore del tempo si raddoppia, si triplica e non se ne vorrebbe sprecare neppure un minuto, perché ogni attimo buttato via o sfuggitoci non tornerà più. Ecco perché in questo blog tra le quattro sentenze memorabili ho messo anche una del filosofo Seneca: nullum sine exitu iter est (= nessun viaggio è senza una sua fine), proprio per avere questo continuo spunto di riflessione. A poco a poco sto arrivando alla conclusione che il termine di qualunque cosa (per es.: di quelle che ho elencato) non sia una fine drastica e ultimativa, ma un possibile inizio. Di che? Mah! Ciascuno avrà la sua risposta da dare. 

martedì 12 ottobre 2021

Scrivere è vivere

Per quei pochi – preferisco non quantificarne il numero, perché altrimenti mi resterebbe l'amaro in bocca – dicevo: per quei pochi veramente interessati alla mia attività di scrittore (ogni tanto farebbe piacere leggerne qualche commento) voglio dilungarmi un po' sul romanzo, che sto componendo, fornendo loro alcuni ragguagli.

- In data odierna sono arrivato a pagina 132 e, quindi, mancando ancora, più o meno, altri due capitoli, è possibile – ma non lo garantisco – che io riesca a superare il mio record di lunghezza, che è di 156 pagine complessive nel romanzo: Quando ruggisce la notte (2016). Capisco che questa mia osservazione possa apparire un po' bizzarra, ma ho voluto farla, dato che tra i miei lettori c'è stato e c'è chi mi ha rimproverato di non aver scritto romanzi più lunghi, magari di centinaia e centinaia di pagine, in confronto ai quali i miei appaiono come esili e scarni... Bignami.

- Il romanzo risulta strutturato in tre parti, ciascuna divisa in capitoli. La prima parte, la più movimentata e romanzesca, costituisce l'imprescindibile presupposto delle altre due, che risultano più discorsive e ideologiche.

- Indipendentemente dai tempi di ambientazione ci sono ricorrenti riferimenti allo storico latino Sallustio, indirettamente nella prima parte, esplicitamente nelle altre due.

- Inoltre mi preme confessare che ho provato e sto provando una grande soddisfazione e spesso un grande godimento durante l'ideazione e la stesura del romanzo. Immedesimarmi nelle vicende dei personaggi e nei loro moti interiori, sia intellettuali che sentimentali, descrivere stati d'animo e situazioni di vario tipo mi permette di estraniarmi dalla realtà, proiettandomi in un altro mondo, non importa se migliore o peggiore purché diverso.

- Infine vi regalo l'ultima chicca, ossia il titolo del romanzo, ma sotto una forma ermetica e disarticolata, che dovete ricostruire, sulla base dei dati che vi fornisco.

Lettere usate:

a (2), b (1), e (2), g (1), i (3), l (2), o (2), r (1), t (1), u (1), v (2).

Parti del discorso:

articolo (1), verbo (1), congiunzione (1), sostantivo (1), particella pronominale (1).

Più chiaro di così...    


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Festìna lente

Questo motto latino, tuttora molto usato, significa: affréttati lentamente, e pare che fosse pronunciato spesso dall'imperatore Augusto,...