Ricordo che nell'estate del 1961, fresco di Licenza media e in attesa di iniziare la nuova avventura scolastica della IV Ginnasio, mio padre m'insegnò l'alfabeto greco e la pronuncia delle parole greche, per rendermi più agevole l'impatto con lo studio di una nuova lingua assai complessa (nella Scuola media avevo già studiato il latino per tre anni con successo e soddisfazione). Quindi mi prestò un prezioso volumetto, che conteneva il testo greco originale dei quattro Vangeli, in modo che potessi esercitarmi nella lettura ad alta voce, finché non diventasse sciolta e spontanea. Certo, allora non ero in grado di decifrare ciò che leggevo, però di quel libretto, vecchio e malridotto per il lungo uso, tanti anni dopo trovai “casualmente” (ma io non ho mai creduto al caso...) un esemplare identico e in ottime condizioni su una bancarella e mi affrettai ad acquistarlo. Fa ancora parte della mia amata collezione di Classici latini e greci e non è raro che mi capiti di sfogliarlo, per soffermarmi a riflettere su qualche brano significativo. Non vorrei che quanto ho scritto finora facesse credere che io non senta parimenti la mancanza di mia madre, morta molto più tardi alla veneranda età di 93 anni. Assolutamente no. Anzi, per concludere, trascrivo e sottoscrivo i seguenti versi di Orazio (Satire I, 6, vv. 93 – 97):
… si natura iuberet
a certis annis aevum remeare peractum
atque alios legere, ad fastum quoscumque parentes
optaret sibi quisque, meis contentus honestos
… se la natura ci costringesse a rivivere il tempo trascorso a partire da una determinata età e a sceglierci altri genitori, quelli che ciascuno desiderasse per soddisfare il proprio orgoglio, io, ben contento dei miei, non vorrei averne altri, anche se resi onorevoli dai fasci dei littori e dai seggi curuli...
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